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li il lavoro nero5, la bassa qualificazione degli operatori e le difficoltà nella sostenibilità
economica del sistema che grava quasi interamente sul bilancio famigliare6.

Il secondo pilastro su cui si realizza l’assistenza continuativa agli anziani, non approfondito in
questo report, è costituito dai servizi residenziali, che si realizzano nell’ambito delle residenze
socioassistenziali (RSA) e nelle strutture residenziali e semiresidenziali. Le RSA, destinate sulla
carta all’assistenza sanitaria a tempo determinato di soggetti temporaneamente non
autosufficienti dimessi dall’ospedale, nella realtà sono fruite in piccola parte anche da anziani
autosufficienti, i servizi sanitari non sono sempre preponderanti e nella maggior parte delle
situazioni la durata della degenza è definitiva. I servizi semiresidenziali, erogati in strutture di
tipo diurno, sostengono invece anziani in condizioni di parziale autosufficienza.

Il terzo e ultimo pilastro, anch’esso non approfondito in questa sede, su cui si fonda la long
term care è costituito dalle prestazioni monetarie. Tra i principali trasferimenti monetari a
favore della non autosufficienza figurano l’indennità di accompagnamento, introdotta con la
Legge 18/1980 ed erogata a livello nazionale da Inps sulla base del bisogno del richiedente
senza considerare aspetti anagrafici ed economici, gli assegni di cura e i voucher, erogati ai
famigliari o agli anziani stessi da Comuni e/o ASL.

In questa pluralità di strumenti, è possibile leggere alcune principali tendenze e sfide con cui
le politiche si confrontano: l’adeguato bilanciamento tra prestazioni monetarie e servizi in un
contesto in cui storicamente sussiste uno sbilanciamento a favore del primo termine,
l’integrazione tra assistenza formale e informale per includere anche questa ultima nel
sistema dei servizi, il sostegno alle figure di cura famigliari e, elemento che riguarda più da
vicino i temi qui trattati, lo sviluppo dei servizi domiciliari – o, in termini più ampi, della
domiciliarità, intesa come complesso delle condizioni che rendono sostenibile la permanenza
nella propria abitazione – per evitare istituzionalizzazioni precoci o improprie. Ciò viene
perseguito sia per ragioni di sostenibilità economica sia per assicurare ai cittadini la migliore
qualità della vita. È possibile infatti, sia grazie ad opportune strategie di sviluppo dei servizi,
sia anche integrando talune tecnologie, favorire la permanenza a domicilio di persone che, in
contesti diversi, vengono istituzionalizzate o comunque ricorrono frequentemente a
prestazioni rese entro strutture sanitarie o sociosanitarie.

La situazione dell’Area Vasta 5 nelle Marche, dove, come si vedrà, sono state contabilizzate
dal 2012 al 2018 ben 1,2 milioni di prestazioni di cura realizzate entro le mura domestiche,
ben si inserisce in una strategia in cui, attraverso il partenariato tra Azienda sanitaria e
soggetto gestore di Terzo settore, si opera a livello professionale con la finalità di supportare

5 Secondo una recente elaborazione dell’Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico, realizzata
in collaborazione con la Fondazione Leone Moressa, che incrocia i propri dati con quelli Istat e Inps sul lavoro
domestico, a fine 2017 i lavoratori domestici regolarmente assunti dalle famiglie italiane sarebbero 865 mila su
un totale di 2 milioni.
6 Secondo la ricerca sopracitata, le famiglie italiane spenderebbero ogni anno quasi 7 miliardi di euro (pari
all’1,3% del PIL) per la retribuzione, il pagamento dei contributi e il versamento del TFR al personale domestico
assunto per accudire persone anziane e disabili.

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